Alla fine della scorsa settimana, a margine della notizia sulla possibile fusione tra 3 Italia e Telecom, sono apparsi molti commenti.
Michele Azzola, segretario della Slc-Cgil, non gira intorno al punto.
“Se il progetto del Cda di Telecom Italia è quello di scorporare la rete e vendere il resto ai cinesi di Hutchison Whampoa è un progetto folle perché consegna il settore delle Tlc italiane in mani straniere, con effetti nefasti sulla competitività del paese, che perderebbe così un grande gestore di Tlc.”
“E mentre i politici sono impegnati a confrontarsi su quanto costa un caffè alla buvette, la finanza sta distruggendo l’Italia. Questo Paese ha bisogno di un Governo che detti le linee di politica industriale difendendo le imprese che possono portare ricchezza nel Paese e competere sui mercati internazionali. Telecom sta continuando a pagare le sciagurate privatizzazioni di fine anni Novanta che hanno spogliato la società delle sue ricchezze – conclude Azzola. E oggi come allora le conseguenze di questa eventuale integrazione la pagheranno i lavoratori, vittime sacrificali dello spezzatino aziendale che si profila all’orizzonte.”
Particolarmente interessanti anche gli altri commenti raccolti dal Corriere delle Comunicazioni. Salvo Ugliarolo di Uilcom spiega che “se Hutchison Whampoa diventerà socio di riferimento si debba accelerare anche sulla separazione della rete. Non è pensabile passare di mano un’infrastruttura così ‘sensibile’, dove viaggiano dati importanti anche per la sicurezza nazionale, a una compagnia straniera. In questo contesto si verebbe a snaturare la natura stessa di Telecom che ‘è’ Telecom anche perché è proprietaria della rete. Ovviamente le due operazioni avranno impatti pesanti anche sulla tenuta occupazionale dell’azienda nonchè sulla competività dell’Italia”.
Stefano Lombardi della Fim-Cisl spiega invece come “la separazione andrebbe ad impattare negativamente sulla situazione, già critica, in cui versano le aziende di manutenzione che lavorano in appalto e subappalto per Telecom: in questi ultimi anni la compagnia ha infatti puntato al massimo risparmio nei contratti in outsourcing, contribuendo ad indebolire un comparto in difficoltà così come le retribuzione dei lavoratori. In questo contesto, se lo scorporo dovesse essere effettuato in un’ottica di massimo guadagno e rispondendo solo a logiche di tipo finanziario, sarebbe molto rischioso per i lavoratori e per la capacità produttiva del paese“.