La Corte di giustizia dell’Unione Europea, che tratta le richieste di pronuncia pregiudiziale presentate dai tribunali nazionali e alcuni ricorsi per annullamento e impugnazioni, si è pronunciata nei giorni scorsi sulla Tassa di Concessione Governativa.
La TCG, che grava sugli abbonamenti mobili, è da sempre un tema caldo (e costoso) per gli appassionati.
Cosa è successo? Due aziende italiane, De Pra e Saiv, negli scorsi anni avevano chiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici. La TCG, lo ricordiamo, è applicata solo all’utenza voce postpagata (le ricaricabili ne sono esentate, ndr) tanto che discriminerebbe – secondo gli autori del ricorso – i clienti solo a seconda della loro modalità di pagamento.
Argomento caldo, quello della discriminazione, che però i giudici della Corte non hanno confermato. Infatti, secondo la decisione adottata, si è stabilito che “le legislazioni nazionali sono libere di equiparare gli apparati terminali delle comunicazioni alle stazioni radioelettriche, di prevedere un’autorizzazione generale o una licenza per l’utilizzo delle apparecchiature terminali di telefonia mobile terrestre, di equiparare l’autorizzazione o la licenza a un contratto di abbonamento e di prevedere il pagamento della correlativa tassa governativa in relazione a tutte queste ipotesi“.
Insomma “né la licenza, l’autorizzazione, il contratto di abbonamento né il pagamento di una tassa intralciano la libera circolazione delle apparecchiature terminali di telefonia mobile terrestre“. Del resto, si evidenzia, che nel diritto dell’Unione, non vi è al momento un principio di parità di trattamento tra utilizzatori della rete mobile: quindi avere un abbonamento o una prepagata può costare di più senza far niente.