I borghi più belli d’Italia sono sempre più spopolati. Contribuiamo, abbattendo il digital divide alla loro ripartenza.
L’Italia: la minuscola striscia di terra, adagiata tra le acque calme del Mediterraneo, è il Paese con la più alta biodiversità al mondo. A dirlo non è soltanto Oscar Farinetti, in un discorso che un paio di mesi fa spopolava sul web, ma chiunque abbia avuto la fortuna di nascervi o visitarla. Il nostro Paese occupa soltanto lo 0,5% della superficie mondiale, eppure racchiude un tesoro eccezionale di varietà vegetali e specie animali.
Oltre che il 75% del Patrimonio UNESCO mondiale, certo. In termini di produttività, parliamo di oltre un migliaio di vitigni autoctoni e centinaia di tipi diversi di olive. Quanto è inestimabile un tale patrimonio umano, culturale ed enogastronomico?
Eppure questo paradiso terrestre dalle potenzialità di crescita sconfinate è sempre più spopolato. I borghi più belli, che puntellano il territorio con i loro tetti di coppi marroni e i palazzi storici, contano in genere meno di cinquemila abitanti. Parliamo del 73% dei comuni italiani, piccoli centri ricchi di storia che spesso vantano almeno un prodotto DOP. Eppure tali realtà incontaminate hanno visto un calo demografico pari a oltre centomila persone negli ultimi anni. È come se città come Trento o Forlì diventassero paesi fantasma. Il dato è così allarmante che lo scorso anno il sindaco di Esino Lario, un piccolissimo centro nei pressi di Lecco, ha annunciato di voler mettere in vendita il Comune. Una protesta simbolica contro i tagli sempre più corposi alle risorse per le aree bianche, certo, ma un gesto che spinge a riflettere.
Lo spopolamento dei borghi è davvero così grave?
Secondo l’Istat, negli ultimi 40 anni i piccoli comuni hanno visto uno spopolamento pari a circa il 60% della popolazione. Questi dati sono preoccupanti e da analizzare. A chi non piacerebbe abitare in un luogo dove la vita scorre a misura d’uomo, circondati da palazzi storici, paesaggi da cartolina e buon cibo? Per quale motivo, allora, la gente sceglie di abbandonarli per perdersi nello stress cittadino?
La risposta è semplice: quasi sempre si parte in cerca di migliori opportunità di crescita lavorativa. In un Paese dove fino a qualche anno fa il digital divide era uno dei più alti in Europa, chi nasceva in un piccolo centro difficilmente riusciva a immaginare una carriera prestigiosa che non fosse da fuori sede. È stato anche per loro che noi di Open Fiber abbiamo ideato la nostra visione: un Paese interamente connesso con pari opportunità e sbocchi lavorativi per tutti.
Abbattere il digital divide per ripopolare i piccoli centri
Un impegno ben ripagato: ci ha riempito di orgoglio vedere che, una volta completata la connessione a banda ultra larga in piccoli comuni, molte persone sono tornate a casa, pronte a rimetterne in piedi l’economia. Adesso che i nostri sforzi cominciano a dare i loro frutti, siamo sempre più motivati a proseguire con la nostra opera di cablaggio della rete in fibra ottica nazionale. Stiamo studiando le soluzioni più adatte al territorio, sperimentando tra diverse tipologie tra cui l’innovativa tecnologia FWA.
Tecnologia FWA, cos’è e come funziona
In molte aree montane, infatti, il territorio particolarmente impervio non permette la posa dei cavi sottoterra, oppure non offre condizioni che rendano gli scavi sostenibili in termini ecologici ed economici. Ma siamo intenzionati a creare una comunità digitale che non lasci fuori nessuno, e la FWA è la soluzione ideale.
Si tratta di una tecnologia che sfrutta due punti fissi – l’acronimo sta per Fixed Wireless Access – per creare un ponte radio. In pratica supereremo gli ostacoli volando!
I cosiddetti punti fissi sono due antenne che vengono rilegate in fibra ottica e trasmettono il segnale dall’una all’altra in forma di onde radio. Una volta superato l’ostacolo, si continua con il cavo di rete in FTTH. La tecnologia FWA, quindi, permette il mantenimento della connessione a banda ultra larga anche in assenza di cavi in fibra ottica su parte del percorso.
Nella foto Anguillara. Source openfiber.it