Inizia la Serie A, la prima totalmente in streaming. Se ne parla da tempo e dopo aver letto i pro e contro della trasmissione via internet più o meno ovunque, siamo finalmente al “giorno zero”
Un’occasione importante per il futuro delle nostre reti, ne va della reputazione dei nostri provider (oltre che di DAZN) nella “prima” odierna.
Si potrà obiettare che DAZN ha già trasmesso la Serie A nello scorso triennio ma stavolta non ha un “backup” su satellite come negli scorsi anni. Anzi, ce l’ha ancora solo per bar e ristoranti ma la situazione per il cliente residenziale che guarderà le partite dal proprio divano – ovvero la grande massa dei tifosi – è quella da far tremare i polsi per numerose ragioni.
Oggi è un ‘giorno storico’ per la rete ma ci sono altre considerazioni di cui tener conto quando si parla così di internet e streaming.
Il punto di Giorgio Bonfiglio nel thread aperto su Twitter.
Ad esempio, ci saranno anche coloro che non vedranno la prima di Serie A. Non certo per scelta loro. La rete, specie con velocità accettabili, non arriva proprio ovunque nel nostro territorio.
Vero che DAZN è arrivata a offrire la possibilità di vedere i propri programmi via digitale terrestre nei giorni scorsi, certo è che rimane vincolata (paradossalmente) a un minimo di connettività per accedere (il che porta il cittadino con poco o scarso segnale in un loop senza fine).
Come accadere all’offerta DAZN se non si ha copertura FTTx
A prendere posizione, come di consueto in questi casi, abbiamo UNCEM. “Se deve arrivare il campionato ancora una volta a dirci che il digital divide esiste…”, rilancia il presidente dell’Unione delle Comunità Montane (Uncem) Marco Bussone, ricordando che “DAZN e TIM partono da oggi con un Campionato on line che ha bisogno di rete, di banda. E di buona rete e di buona banda”.
Il sorriso di Diletta Leotta nel lanciare la programmazione via internet (foto DAZN, in alto) non lenisce le difficoltà Anzi. “Lo sa bene Uncem che tre anni fa, esattamente il 20 agosto 2018 – ricorda Bussone – aveva denunciato al Paese che i gravi ritardi del Piano nazionale Banda ultralarga minavano la capacità di connessione. L’Italia si accorse di essere un Paese con forte divario digitale perché non vedeva il Campionato di calcio. Eravamo ben lontani dalla DAD e dal telelavoro dei tempi di pandemia. Eppure per via del calcio, l’Italia scopriva quanto grave è navigare sotto i 100 kbs in moltissime aree alpine e appenniniche.
Uncem lo denuncia da tempo e ha lavorato, proprio con TIM e con EOLO ad esempio, per portare sistemi FWA nei territori. Se non fosse per il wireless che raggiunge molti pezzi di Appennino e di Alpi, la situazione sarebbe molto peggio di quella che è. Il ritardo del Piano BUL già denunciato nel 2018, è vittima della burocrazia e di un piano che quando è partito non aveva capito dove stava andando. Non infatti nelle ampie pianure, ma sui complicati territori montani e nei borghi. E così, succede che da inizio lavori fino al collaudo in un Comune, il Piano BUL abbia bisogno anche di otto mesi. E poi, non un solo civico viene collegato. Abbiamo infatti scoperto con il tempo che la fibra sarebbe arrivata in casa, FTTH, solo a richiesta del cliente finale. Con prezzi di abbonamento non certo bassi. Che diventano assurdi per gli Enti pubblici, per i quali Uncem ha chiesto che, almeno per scuole, municipi, biblioteche, l’abbonamento sia a prezzi simbolici.
Cento euro l’anno a sede, al posto di oltre mille. Il fallimentare Piano Banda ultralarga, purtroppo, finisce per lasciare ancor più indietro i territori che oggi vorrebbero vedere il campionato di calcio. Solo con l’FWA e i servizi portati da operatori privati, anche grazie al satellite, potranno farcela. Ma perché allora non puntare su satellite ed FWA (WINDTRE prese posizione a favore della neutralità tecnologica nei mesi scorsi, ndr), con fibra buona alle torri, già in partenza? Cablare tutto il Paese, o quasi, con fibra, doveva consentire di arrivare in tutte le case, cosa che non sarà. Al Ministro Colao e alla Sottosegretaria Mise Ascani, Uncem ha chiesto di rivedere quello che è stato fatto e soprattutto quello che non è stato fatto nelle ‘aree bianche’, montane, anche perché i miliardi previsti nel PNRR andranno probabilmente solo nelle ‘aree grigie’, penalizzando ulteriormente i territori alpini e appenninici”.
Insomma, buon campionato a patto di non vivere senza internet.