Che l’arrivo di iliad sul mercato italiano non sarebbe stato senza conseguenze lo si sapeva già anche prima del lancio dell’offerta commerciale del nuovo gestore.
La tariffa low cost resa pubblica lo scorso 29 maggio con il dichiarato intento di “rivoluzionare” la telefonia mobile in Italia ha certamente smosso qualcosa, e iniziano a vedersi le prime contromosse degli altri operatori.
Il più agguerrito, al momento, sembra essere TIM, che è stato il primo – tra i gestori strutturati – a proporre un nuovo piano tariffario che può fare seria concorrenza all’offerta iliad.
Viene offerta, infatti, ai clienti che hanno attivato una SIM iliad, la possibilità di tornare in TIM con un bundle molto simile a quello del quarto gestore: minuti ed SMS illimitati, 30 GB, servizi accessori come il “ti ho cercato” inclusi, ad un prezzo solo leggermente superiore, pari cioè a 7 Euro al mese.
Ma non è finita qui: per cercare di rallentare ulteriormente il possibile boom di iliad, TIM ha ricorso anche alle vie legali: è notizia di oggi, infatti, che avrebbe posto all’attenzione del Ministero dell’Interno la questione SIMBox.
Come riporta Il Sole 24 Ore, infatti, TIM avrebbe chiesto di verificare se tali apparecchi automatici forniscano le necessarie garanzie affinché non vengano effettuate attivazioni fraudolente di SIM, in violazione alla legge Pisanu che prevede l’identificazione dell’intestatario di ogni linea telefonica attivata in Italia.
Una mossa destinata se non altro a far parlare di sé, e che potrebbe – se l’istanza fosse accolta – causare non pochi problemi al modello di vendita messo in piedi da iliad in Italia, dopo il successo avuto in Francia.
Il clima si sta scaldando, dunque, e questa sembra essere solo il primo di molti colpi – più o meno bassi – che il quarto gestore sembrerebbe destinato a dover subire per poter conquistare una fetta di mercato.