La notizia è su tutti i notiziari odierni: si parla, infatti, di oltre 1,2 milioni di dati sensibili di utenti telefonici rubati e rivenduti ogni anno ad altre aziende da dipendenti infedeli di Tim. Un situazione che ha fatto scattare misure cautelari nei confronti di 20 persone.
L’indagine è partita da una denuncia di Tim stessa.
Nell’affaire risultano coinvolti anche “intermediari” che si occupavano di gestire il commercio illecito delle informazioni estratte dalle banche date e i titolari di call center telefonici che sfruttavano informazioni per contattare i potenziali clienti e lucrare le previste commissioni per ogni portabilità del numero (che, si legge su varie testate, potevano arrivare fino a 400 euro per ogni contratto stipulato).
L’inchiesta è stata avviata nel mese di febbraio scorso dal Cnaipic, su delega della Procura della Repubblica di Roma, a seguito di una denuncia depositata da parte di Telecom Italia, nella quale si segnalavano vari accessi abusivi ai sistemi informatici gestiti da TIM, riscontrate quantomeno a partire dal gennaio TIM, dal canto suo, desidera esprimere il più vivo ringraziamento all’Autorità Giudiziaria e alla Polizia di Stato – Polizia Postale e delle Comunicazioni – per aver portato a termine con successo l’indagine relativa alla divulgazione e commercio abusivo di dati anagrafici e numeri telefonici della clientela.
“A seguito dei provvedimenti decisi dalla magistratura, TIM ha subito proceduto con misure disciplinari nei confronti del personale coinvolto e si costituirà parte civile nel processo in quanto parte lesa.
I fatti oggetto dell’indagine rappresentano da tempo un fenomeno grave che arreca danni significativi non solo al Gruppo ma all’intero settore delle telecomunicazioni, alterando le regole della libera concorrenza”.
TIM precisa infine che, oltre ad aver collaborato fattivamente con gli inquirenti nel corso di tutto il periodo dell’indagine, ha inviato segnalazioni sul tema all’Agcom al fine di proteggere al meglio la sua clientela.