Fusione TIM-Iliad tra mercato e concorrenza

by Valerio Longhi

Parlano le associazioni dei consumatori, si aspetta l’Antitrust e non solo. Come sta andando il rumor di questo inizio 2025?

Sembra procedere a grandi passi il progetto di fusione tra TIM e Iliad, un’operazione che vedrebbe l’ex-monopolista italiano unirsi con l’operatore francese noto per il suo modello low-cost. Se ufficialmente sarebbe Iliad a incorporare TIM, resta il dubbio su quale delle due entità finirà per dettare le regole del gioco, considerando il peso politico e finanziario dell’azienda italiana nel contesto nazionale.

Secondo indiscrezioni, nei giorni scorsi si sarebbe svolto un incontro tra Xavier Niel, presidente di Iliad, e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per discutere la fattibilità dell’aggregazione. Il fatto che sia il governo italiano, e non solo i dirigenti delle due aziende, a condurre i negoziati lascia aperti diversi interrogativi. Tra cui l’interesse di Poste Italiane.

Un’operazione di mercato o un’operazione politica?

iliad

Il coinvolgimento diretto del governo non è casuale: lo Stato italiano, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, detiene il 9,81% di TIM, rendendolo di fatto il principale azionista pubblico della società. Se Xavier Niel, con il suo 70% di Iliad, rischia direttamente il proprio capitale, Giorgetti si muove su una scacchiera più complessa, in cui a essere in gioco sono i soldi dei contribuenti. La fusione solleva quindi questioni non solo di mercato, ma anche di trasparenza e governance. In un mercato delle telecomunicazioni che dovrebbe essere regolato dalla concorrenza, il ruolo del governo come arbitro e giocatore appare quantomeno ambiguo.

Il rischio per i consumatori e per la concorrenza

Dal punto di vista dell’utenza, la fusione potrebbe portare a una riduzione della concorrenza e delle alternative disponibili. TIM è da sempre un operatore premium, con tariffe più alte rispetto alla media di mercato, mentre Iliad si è affermata come il brand low-cost che ha spinto verso il ribasso i prezzi del settore. Se il DNA di TIM dovesse prevalere, il rischio è che la fusione comporti un aumento dei costi per i consumatori e una minore pressione competitiva sulle altre compagnie.

Ma non solo: il nuovo colosso TIM-Iliad potrebbe acquisire un peso tale da poter abusare della propria posizione dominante, riducendo le opportunità per i concorrenti più piccoli e rafforzando il già complesso equilibrio tra potere economico e regolamentazione.

Serve un intervento dell’Antitrust?

A fronte di queste criticità, è lecito chiedersi se l’operazione sia compatibile con le normative sulla concorrenza e se un’eventuale approvazione non debba essere subordinata a un’uscita dello Stato dalla proprietà di TIM. Il coinvolgimento dell’Antitrust, al momento assente dal dibattito pubblico, appare imprescindibile per garantire che il mercato resti effettivamente libero e competitivo.

“L’Antitrust non può restare in silenzio di fronte a una fusione che potrebbe ridefinire gli equilibri del settore. Se davvero si vuole garantire un mercato concorrenziale e non una spartizione di potere, è necessario che venga effettuata una valutazione indipendente sui reali impatti dell’operazione” sottolinea l’Aduc, l’Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori, evidenziando la necessità di un intervento chiaro da parte delle autorità competenti.